La scorsa settimana il Ministero del Turismo italiano ha lanciato la sua ultima campagna intitolata Italia: Open to Meraviglia (“Italia: aperta alla meraviglia”).
Presentata dalla Venere di Botticelli nel ruolo di “Influencer virtuale” e veicolata quasi interamente in italiano, la campagna da 9 milioni di euro è già stata oggetto di pesanti critiche sia in patria che all’estero.
Alcuni hanno sollevato il sopracciglio per l’imbarazzante tagline “Italia: Open to Meraviglia”, un miscuglio di italo-inglese che termina con una parola che pochi non italofoni capiranno (e ancor meno sapranno pronunciare).
Altri hanno messo in dubbio la scelta della protagonista della campagna, un adattamento generato dall’intelligenza artificiale della Venere di Botticelli, in particolare alla luce della posizione dell’Italia sull’intelligenza artificiale, incapsulata nel divieto di ChatGPT.
Alcuni spettatori attenti hanno persino fatto notare che un’inquadratura del video di lancio, che mostra un gruppo di giovani che si godono un aperitivo in un cortile illuminato dal sole, non è stata girata in Italia ma nella vicina Slovenia.
Ma ciò che mi preoccupa di più è la superficialità della campagna e l’immagine dell’Italia che promuove.
L’Italia ospita 58 siti UNESCO, il che significa che vanta più patrimonio culturale di qualsiasi altro Paese al mondo. Circa 65 milioni di persone visitano l’Italia ogni anno, contribuendo a un’industria che rappresenta il 13% del PIL del Paese. Il turismo, in parole povere, è la linfa vitale dell’economia italiana. Ma negli ultimi anni l’eccessiva concentrazione di turisti in luoghi come Venezia, Firenze e Portofino ha danneggiato le comunità locali e creato attriti con gli abitanti del luogo.
Portofino ha appena varato una legge che prevede multe fino a 275€ per i turisti che si soffermano a fare selfie sulle vie pubbliche più fotogeniche. Le autorità di Roma possono multare i turisti che si siedono in Piazza di Spagna, mentre a Venezia e Firenze i turisti possono essere multati fino a 500€ per aver mangiato in alcune delle strade più frequentate.
Fatta eccezione per la breve pausa durante la pandemia di Covid, negli ultimi dieci anni il dibattito si è concentrato su come mitigare gli effetti dannosi dell’overtourism italiano, incanalando al tempo stesso in modo più efficace il reddito che ne deriva nell’economia italiana.
Il miglior suggerimento finora è stato quello di incoraggiare i viaggiatori ad avventurarsi fuori dai sentieri battuti, a trascorrere un po’ di tempo lontano dal circuito turistico delle grandi città e a esplorare, e quindi investire, nei piccoli centri e nelle campagne incontaminate. In altre parole, mitigare le visite turistiche superficiali con un turismo sostenibile.
In questo contesto, Italia: Open to Meraviglia appare ancora più bizzarro.
Ciò che mi delude di più di questa campagna è la decisione di affidarla a un “Influencer virtuale” che usa la bellezza dell’Italia come mero sfondo.
L’Influencer-Venere di Botticelli non si confronta con l’ambiente, ma solo con la propria immagine.
Dà le spalle ai luoghi che attraggono tanti viaggiatori e gioca con i cliché e gli stereotipi in un modo che sembra confezionato per l’era dei social media.
Qual è il motivo di questa campagna? Secondo Marco Testa, ideatore della campagna, “speriamo che la Venere di Botticelli diventi molto popolare tra i giovani grazie a questa combinazione di arte e tecnologia digitale. È un modo un po’ diverso di rappresentare l’Italia e di rivolgersi al turismo più giovane”.
Ma questa immagine spoglia dell’Italia è davvero ciò che vogliono i turisti più giovani? E l’assecondare il “pubblico degli influencer” rischia di allontanare la più ampia fascia demografica di viaggiatori italiani?
Clicca qui per vedere la campagna su Instagram.
Credo che il fascino dell’Italia risieda nella sua autenticità. L’arte e l’architettura, la cucina e la cultura.
La gioia di esplorare l’Italia sta nell’interagire con la gente del posto, nell’immergersi in esperienze autentiche e nell’avventurarsi fuori dai sentieri battuti. Dopotutto, viaggiare significa allargare la mente, lasciarsi coinvolgere da altre culture e nutrire la propria curiosità, non trattare le destinazioni di viaggio come parchi a tema le cui attrazioni servono solo come sfondo per i selfie.
Chi ha la responsabilità di decidere la direzione di marcia del turismo italiano dovrebbe invitare i visitatori a immergersi nell’Italia con apertura e curiosità, non usare il suo patrimonio come sfondo stereotipato per i propri miopi sforzi di branding.
E non solo per il bene di chi la visita, ma anche per chi vive nelle destinazioni turistiche italiane.